La pietra d’Istria segna la storia e la bellezza di Venezia
La fortuna della Pietra d’Istria è legata allo sviluppo di Venezia durante la Serenissima.
La Repubblica Veneta è stata un impero politico e mercantile; aveva un’economia basata soprattutto sulle attività marittime; il mare era considerato la via di comunicazione più economica e veloce.
Perché i veneziani s’innamorano della Pietra d’Istria
Con la pace di Rialto del 933, il Ducato di Venezia ha ottenuto dall’Istria, il riconoscimento del diritto di navigare e commerciare liberamente lungo la costa istriana. Gruppi di italici si sono quindi trasferiti sul versante occidentale e in alcune zone interne.
Fino all’XI secolo, nella città lagunare, erano presenti costruzioni soprattutto lignee; quelle in pietra erano una rarità.
Con la conquista delle città d’Oriente affacciate sul Mediterraneo, sull’Adriatico e sull’Egeo, in particolare con il saccheggio di Costantinopoli nel 1204, i veneziani si sono impadroniti di ricchi bottini di guerra, tra cui molti capolavori in pietra. Questi marmi straordinari sono stati caricati su resistenti imbarcazioni e portati a Venezia per essere riutilizzati nella costruzione di edifici monumentali, palazzi, chiese e ponti.
I veneziani hanno iniziato così ad apprezzare le pietre naturali; quando hanno finito quelle importate dall’est, hanno cercato nuove fonti.
Nessuna cava, nel territorio della Serenissima, offriva un materiale edile solido e resistente; la maggior parte dei marmi a contatto con l’acqua del mare finiva con il deteriorarsi.
I veneziani hanno quindi rivolto l’attenzione alla vicina Istria; si sono innamorati della pietra d’Istria per la solidità, la resistenza alla salsedine, al sole e al gelo e la grande quantità disponibile. La possibilità di trasportarla via mare ha infine condizionato la scelta.
La straordinaria fortuna della pietra d’Istria a Venezia
Venezia è stata per secoli il più grande cantiere edile dell’Adriatico e del Mediterraneo.
La Pietra d’Istria è stata portata a Venezia nella seconda metà del XIII secolo e ha sostituito in breve tempo la pietra di Aurisina, i marmi veronesi e orientali.
Tra il 1267 e il 1335, con l’annessione alla Repubblica di Venezia della maggior parte dell’Istria occidentale e meridionale, è iniziato lo sfruttamento delle cave di Rovigno e Brioni dov’erano stati scoperti i primi bacini lapidei.
Le cittadine lungo la costa, soprattutto quelle vicine ai porti, hanno iniziato a sviluppare un intenso commercio di pietra: i blocchi venivano trasportati al porto, poi caricati sui vascelli, per raggiungere Trieste, Venezia e Ravenna. Accanto ai pescatori, ai marinai e agli agricoltori sono così comparse le figure dei commercianti, degli artigiani e dei tagliapietre che hanno ricavato consistenti guadagni. Ad esempio, la famiglia rovignese dei Tagliapietra, una delle più illustri nel consiglio cittadino, si è trasferita a Venezia dove, per meriti nelle costruzioni e per la ricchezza, è stata innalzata al rango della nobiltà veneziana.
Il grande sviluppo di Venezia ha dato luogo ad approvvigionamenti lapidei sempre più consistenti. Gli statuti Veneziani ne avevano regolato il commercio, era ad esempio perseguibile e punito chi forniva “pietre d’aspetto simile e di ben diverso pregio”. Nell’Arsenale, legato al periodo più florido della Serenissima, si costruivano anche le navi destinate al trasporto di pietre e marmi, dette galee.
L’importazione della pietra d’Istria è stata intensiva soprattutto fino alla caduta della Repubblica di Venezia, avvenuta alla fine del XVIII secolo. È stata utilizzata per costruire grandiose opere in tutti i territori occupati dalla Serenissima.
Progresso nell’uso della pietra d’Istria a Venezia
Le prime opere in pietra d’Istria, a Venezia, erano semplici blocchi di roccia squadrati, detti “conci”, posizionati in uno o più strati per costruire:
- il basamento dei muri maestri e perimetrali
- le fondamente: marciapiedi lungo i canali con gli scalini per gli attracchi delle barche
- le banchine e le dighe foranee per proteggere la città dall’alta marea e dal mare in burrasca
Come testimoniamo i residui di colore che hanno resistito all’acqua, in epoca antica la pietra d’Istria veniva anche colorata e dipinta. In seguito, i veneziani hanno usato, soprattutto per le facciate esterne, un abbinamento sfarzoso della pietra con marmi pregiati conciliando lo stile romanico con quello bizantino. Dal XIII secolo è stata la pietra più usata, in particolare nella scultura gotica. Tra il 1400 e il 1500 si è raggiunto l’apice con la realizzazione di opere e rivestimenti esterni in pietra selezionata. I palazzi più ricchi e prestigiosi venivano ornati anche con brecce e marmi colorati. Nel Cinquecento si è diffusa l’arte dei “terrazzi alla veneziana” con cui venivano realizzate prestigiose pavimentazioni, utilizzando pezzi grossi di pietra d’Istria frantumata mescolati assieme a una malta cementizia. I frammenti di pietra finemente sminuzzati venivano invece cotti nelle antiche fornaci per produrre la calce.
Dalla fine del Cinquecento, gli edifici vengono costruiti con rivestimenti esterni in pietra bianca e interni policromatici. All’inizio dell’epoca Barocca, si è diffuso l’uso della pietra d’Istria come anima da rivestire con i marmi pregiati rossi e verdi importati dalla Francia e dalle Fiandre.
Nota: Fotografia di copertina per solo uso editoriale di agendatecnica.it
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